Qualcosa, in qualche momento.

Per tutti quelli che, fermandosi a contemplare il tramonto per quei cinque minuti da quando il sole inizia a toccare l'acqua a quando scompare completamente, sono riusciti, anche solo che per un attimo, a sentire il ribollire del mare all'orizzonte.
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Località: Genova, Genova, Italy

domenica 29 ottobre 2006

La estela del viento


Eh si, è di nuovo un po' di tempo che non paciugo questo blog, i giorni stanno passandomi veloci, dalla fine dell'estate.
Credo ci sia stata una distorsione del tempo perché mi sembra davvero poco che facevo il bagno in mezzo ai cavalloni della Playa d'España e da un tramonto a Lastres mi sembra non sia passata neppure mezz'ora.
Strano!
Però i giorni sono passati e tra una settimana farò quel viaggio senza ritorno (imminente) che alla fine della scorsa estate mi sembrava ancora così lontano.
Questa settimana è anche quella in cui lavorerò più che in ogni altro periodo dell'anno, così come succede da 10 anni a 'sta parte.
...10 anni, anche questo è strano! Mi ricordo ancora benissimo la fine dell'estate in cui ho iniziato a lavorare nella ditta dove sono ancora adesso.
Non sono cambiato poi così tanto, sono solo invecchiato, ma sono esattamente lo stesso.
Ricordo una passeggiata in Corso Italia con gli amici di allora..il vecchio Gela, che stava partendo per il militare, Sacco, Valentina, Risso, Ciro, Francesca e tanti altri. Ero appena stato assunto, dicevo a tutti che sarebbe stato un lavoretto così, momentaneo e lo pensavo davvero! Anche perché passare dall'università alle fornaci delle caldaie, non mi sembrava il massimo.
Invece sono ancora qui, per l'ultima settimana, ma ci sono ancora.
Cosa mi ha spinto a restare? Chissà! Potrei rispondere l'ambiente, i colleghi o la pigrizia. Ma una cosa la escludo: il lavoro in sé, quello no! Sebbene sia contento di aver imparato a farlo non mi è mai andato molto a genio, eufemisticamente parlando.
Mi dicono: "Volti pagina." o "per te cambierà tutto."...perché devono essere tutti così teatrali?
Cambierà qualcosina, ma il grande cambiamento come si diceva ieri sera con amici.. c'è stato nel viaggio dell'anno scorso che ancora prima di partire lo avevo definito ..epocale: "ci sarà un prima ed un dopo."
Sul finire della vacanza ho saputo anche che quel "dopo" aveva nome di ragazza e ora, il viaggio che farò a breve, è soltanto una piccola parte di esso.

Spero, poi, che il futuro e quell'idea di libertà, che penso che mi pervaderà in qualche modo, (anche se in questi giorni non riesco a pregustarmela), mi aiuteranno a portare a termine alcuni progettini che tengo in saccoccia da un po' di tempo...ieri mi è stato regalato un bel portafortuna, che peraltro scrive! Seguito da qualche riga che mi ha fatto davvero piacere... Partirò contento! (..ma lo ero già!)

Bene...sta finendo la birra, e con lei anche la voglia di continuare a scrivere.

Saluto tutti. Hasta pronto.

Luca

lunedì 9 ottobre 2006

L'acqua che uccide


Il 9 ottobre di 43 anni fa, alle 22,39 un boato svegliò il sonno degli abitanti di Longarone e dei comuni vicini, una zolla di 2 km di lato di terra si staccò dal monte Toc, ad un paio di chilometri dal paese e andò a sfracellarsi nell'invaso del lago artificiale sottostante.
Lo schianto fu tale che la terra franata risalì per un centinaio di metri nell'altra sponda del lago e l'acqua spostata dalla stazza della frana produsse un'ondata di 50 milioni di metri cubi d'acqua, metà della quale scavalcò la diga e si riversò nella vallata sottostante, distruggendo tutto ciò che si trovava nel suo cammino.
La stima totale dei morti sarà di circa 1900 persone, Longarone fu rasa al suolo, Erto e Casso furono risparmiati, ma gran parte delle loro frazioni vennero distrutte e tutti i paesi sparsi nella vallata sottostante ebbero gravi danni e ferite indelebili che ancora oggi, a 43 anni di distanza faticano a chiudersi.
E' la cronaca della tragedia del Vajont, uno dei più colossali "si poteva evitare" della storia italiana!

La costruzione della diga sul fiume Vajont cominciò nel '56 e terminò nell'agosto del 1960. Già durante i primi mesi di lavoro si comprese quanto le stime geologiche effettuate durante la progettazione, non fossero corrette; le cariche esplosive utilizzate per modellare le spalle della diga, sgretolavano la roccia in modo inaspettato, portando alla luce una geologia, a dir poco, preoccupante.
Durante le opere di consolidamento, in seguito, venne utilizzata un'enorme quantità di cemento che veniva totalmente inghiottita dalle faglie e dalle fratture del terreno, non lasciando alcun dubbio sull'eccessiva divisione degli strati e friabilità della roccia su cui si sarebbe appoggiata la diga.
Ma malgrado tutto, i lavori continuarono. Non venne ascoltata la voce della popolazione della valle, dei contadini, che conoscevano bene la conformazione delle loro montagne, l'instabilità delle pareti, non venne ascoltata la giornalista Tina Merlin che seguì la protesta e venne anche denunciata per "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico".

I lavori finirono e già durante i collaudi, nei primi riempimenti e i successivi svasi, enormi pezzi di montagna franarono nel lago; le vene argillose nelle fenditure della roccia, con l'acqua diventavano dei veri e propri cuscinetti che pian piano facevano slittare gli strati, gli uni sugli altri.
Gli ingegneri che si occuparono del progetto, compresero il pericolo e per calcolare i possibili effetti di una colossale frana sulla vallata fu creato un modello in scala, ma vennero commessi molti errori, quello che risultò chiaro per gli studiosi era che se si fosse tenuta l'acqua ad un livello inferiore ai 700 metri slm, non ci sarebbe stato nessun reale pericolo per le popolazioni in caso di frana.
La data del 9 ottobre del '63 è scritta sulle lapidi di quasi 2000 persone e nei cuori di chi in quella valle ha potuto continuare a viverci.

Ora, a più di quarant'anni da quella tragedia, chi doveva pagare ha pagato la propria colpa, la Montedison e l'Enel, gli ingegneri, i costruttori, ma nulla tra tutto questo, può valere tanto quanto la ricezione di una lezione dalla storia: tutto questo si poteva evitare!
Con questa idea, occorrerebbe non fare più, oggi, gli stessi errori. Non bollare come folcloristica o tendenziosa la protesta di chi reputa che alcune opere pubbliche potrebbero danneggiare il territorio e mettere in grave pericolo le popolazioni, come invece, continua ad accadere... per esempio in Val di Susa!

Luca

La frana oggi.

domenica 1 ottobre 2006

Domenica di pioggia



Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti.
(G. D'annunzio)



Un pomeriggio a non far nulla, uno dei tanti dei quali potro' lamentarmi per non averli utilizzati nel migliore dei modi.
Un pomeriggio a scovare notizie su internet, cercando di farle entrare nei miei futuri ricordi, un pomeriggio di parole. Un pomeriggio di sconforto ma anche di consolazione.

Questa è la pioggia.
Al di là del vetro ti penetra
ti infradicia
..ti strema.

Ogni goccia
è un piccolo malessere che si insinua
un dado giocato male
il residuo umido di una ferita passata.

Ma la finestra si apre

Milioni di gocce
..ed il loro suono
le fronde dei pini ed il loro fruscìo
alcuni uccelli sotto il tetto.
qualche spiraglio azzurro tra gomitoli di grigio.

...Saluto tutti (chi, poi?), vado a fare un giretto!

Lu