El Camino de Santiago Parte Quarta
El Camino de Santiago Parte Quarta
Terzo giorno di viaggio
Santo Domingo de la Calzada - Albergue de San Bol
Giorno 15 giugno 2010
Mi sveglio, finisco l’ultimo pacchetto di batido e mangio la
mela.
Confine tra Rioja e Castilla y Leon |
Parto e piove come tutto, ma vado imperterrito verso la
meta. Sagome di pellegrini in umido sfilano silenziose lungo il cammino in
mezzo alle case di Santo Domingo. Non incrocio nessuno in bicicletta, anche se
nell’ostello dove ho dormito c’era qualche bici nello scantinato dove ho
lasciato la mia. Penso che mi prenderò davvero tanta acqua, la bicicletta non
perdona!
Poco prima di Redecilla del Camino lascio la Rioja per la Castilla y Leon. Entrando in paese mi fermo all’ufficio informazioni del pellegrino, timbro la credenziale e prendo la mappa della regione. Il pantano nel sentiero peggiora sempre più.
Poco prima di Redecilla del Camino lascio la Rioja per la Castilla y Leon. Entrando in paese mi fermo all’ufficio informazioni del pellegrino, timbro la credenziale e prendo la mappa della regione. Il pantano nel sentiero peggiora sempre più.
Mi fermo in un baretto a Espinoza del Camino per bere
qualcosa ed andare al bagno. Ivi incontro un cagliaritano che cerca di interagire
con me parlando spagnolo, mi dice: “mucho fango, mucho fango!” io rispondo che
sono italiano anche io e che, sì, il fango è molto. Dice che non si vuol
sporcare troppo e passerà per la strada asfaltata, ma lui è a piedi. Tutto sommato mi convince e passo
anche io per la carretera.
Attraverso i monti dell’Oca per una strada piuttosto
trafficata, ma grande e dotata di corsia d’emergenza di generose dimensioni. Pedalo
sotto una pioggia battente che dava la sensazione di schiacciarti per terra ed
un freddo porco addosso, soprattutto in discesa. Salendo incontro un vecchiardo
di non so dove con bici a rimorchio, faccio quattro chiacchiere con lui ma non
parla molto bene l'inglese, tantomeno lo spagnolo o l'italiano. Così lo lascio
indietro nella pioggia e con l'idea di essere stato sorpassato in malo-modo da
uno sconosciuto. Questo sarà il pensiero che mi girerà nella testa per un po'.
A metà della salita sorpasso 2 donne che avevo già incontrato in
precedenza e che, come prima spingevano la bici, anche se nei due casi la
salita non era poi così dura. Arrivo al punto più alto del valico, il Puerto de
la Pedraja, a 1130 metri slm, ed inizio a scendere nel freddo più completo. Per
riscaldarmi un po' pedalo con rapporti corti e mi muovo molto, canto anche. In
fondo, ad una 20na di km di distanza da Burgos,
cerco disperatamente un luogo caldo e asciutto dove mangiare e scaldarmi, ma
prendo il bivio per S. Juan de Ortega e nel primo paesetto che incontro non c’è
nulla. Ibernato e col pensiero di ammalarmi e di non poter continuare il cammino mi viene l'idea di suonare a qualche campanello. Però poi desisto e con dispiacere lascio anche perdere l'idea di andare dal
simpatico Sepolcro del Santo (Juan de Ortega), torno indietro e continuo verso Burgos. (Comunque ho una certa fortuna
nella decisione: non so se nel pomeriggio o l'indomani leggo in un giornale che nel
giorno di cui sto parlando, il 15, si è inondato il sepolcro di San Juan de
Ortega: sarei andato per nulla o, peggio, per venire travolto dall'alluvione).
Burgos - Plaza Mayor |
Trovo un baretto al lato sinistro della strada. L’interno puzza
in modo schifoso di sigaro e di giocatori di carte (!). Mi faccio fare un
latte-e-caffè ed un panino. Vado in bagno ed al ritorno mi aspettano circa 60
cm di pane con 60 cm di jamon serrano ed altrettanti di formaggio. Malgrado
l’ambiente schifosetto, che irrora anche la mia colazione di malodore, me lo
mangio tutto e con gusto. Finito, ritorno al bagno per asciugarmi un po’
meglio. Esco e piove molto meno.
Mentre prendo la bicicletta mi passa davanti il vecchietto col rimorchio. Mi accodo a lui fino a Burgos e simpaticamente, entrando in città, mi accorgo che i rumori che sentivo già da un po’ dalla ruota dietro erano causati dalla rottura del perno centrale della ruota. (Ah, piccolo inciso, ieri, il 14, mi sembra attorno a Navarrete, mi si è di nuovo bucata la ruota dietro).
Mentre prendo la bicicletta mi passa davanti il vecchietto col rimorchio. Mi accodo a lui fino a Burgos e simpaticamente, entrando in città, mi accorgo che i rumori che sentivo già da un po’ dalla ruota dietro erano causati dalla rottura del perno centrale della ruota. (Ah, piccolo inciso, ieri, il 14, mi sembra attorno a Navarrete, mi si è di nuovo bucata la ruota dietro).
La Cattedrale di Burgos |
Ritornando alla III rottura di balle... Entro a Burgos
speranzoso, ma i negozi aprono alle 16,30/17, così aspetto girando la città.
Anche gli uffici turistici fanno la siesta ma in quello della piazza della
cattedrale riesco a pinzare l’impiegata che sta uscendo e mi faccio dare,
almeno, una cartina della città.
Sfogliandola trovo anche la via dove c’è il
negozio di bici: Calle del Carmen, abbastanza vicina, ma, comunque l’attesa
sarà lunga. Poco prima, nell’ufficio turistico più decentrato incontro una
iraniano-olandese alla quale do alcune indicazioni. La ribecco nella piazza
della cattedrale e mi offre un latte-e-caffè... Il 72esimo della giornata,
credo! È iraniana, ma vive in Olanda e ha un fratello a Madrid. Arrivano dei vecchi olandesi che
stanno girando la Spagna in tenda e si fermano a parlare con noi e poco dopo anche un inglese in bici, già
incontrato in precedenza. Si fanno vari discorsi, ma
l’inglese si rivela subito piuttosto narcisistello, facendo scemare il mio interesse
per la conversazione. Decido di non sovraccaricare il mio sistema con
traduzioni inutili e rispondo a casaccio.
Riesce ancora a venire qualche bello scroscio d’acqua, ma
siamo sotto il gazebo e non infastidisce più di tanto. Arrivata l’ora, vado al
negozio delle bici: x 33€ mi cambiano la ruota, anche se me ne vogliono
rifilare una più costosa opto per quella economica. Mi dicono che devo
aspettare un’ora, mi propongo per fare io il lavoro in modo da ridurre i tempi,
ma non vogliono perché hanno paura che arrivino i controlli e che gli diano
multe per avere lavoratori in nero. Idioz!
Passo l’ora girando per la città. Salgo al castello (che è
poco più che un rudere) e noto, che al salire le scalinate del parco le mie gambe sono piuttosto toniche e rispondono molto bene. Zelante, abbozzo anche qualche corsetta.
Scendo e vedo l'interno della cattedrale, perlomeno la zona (molto limitata) non a
pagamento, poi torno verso il negozio.
Per andare nel bagno di un bar,
faccio una colazioncina pomeridiana a base di tortilla e caffellatte (73esimo!) Lì
vedo che gran parte dei “pinchos” sono a base di uova piuttosto piccole. Mi
dice la barista che sono di codorniz (quaglia). Non vedo però tapas con
il famoso Queso de Burgos (un ricotta un po’ più solida della nostra).
Vado al negozio, prendo la bici e parto (qualche rumorino lo
fa ancora!)
Scrivo il giorno 17/06/10, ore 10 di sera...
Scrivo il giorno 17/06/10, ore 10 di sera...
Bene, prima di parlare del dopo-Burgos parlo un po’ dell’ora
(inteso come “adesso”). Sono ad Astorga, c’è Mio fratello in un albergo qui in
città ed io sono in camera con 2 pellegrine, una di Modena ed una Giapponese.
La prima ha iniziato il cammino a León, la seconda un po’ prima: a Nizza. Dice
che è da metà aprile che scarpina. È un po’ esile ma non sembra troppo provata
dall’impresa. Dice anche di aver incontrato un paio di tedeschi (dice forse di
Bergen... quindi norvegesi) che hanno iniziato a Roma!
Invece… Burgos, 15 giugno. Esco dalla città passando per un viale con parchetto alberato al lato. Vado avanti e indietro un paio di volte xché non c’è traccia delle frecce gialle. Ma alla fine trovo il buon vecchio Camino che mi fa scivolare fuori dalla città e mi introduce nei campi, i soliti, di grano ed orzo, ma con una bella luce che illumina a chiazze di chiaroscuro le lievi colline che ondulano verso est la meseta centrale e mi fa fare tante belle foto/wallpaper da tappezzare il computer per centinaia di anni.
Invece… Burgos, 15 giugno. Esco dalla città passando per un viale con parchetto alberato al lato. Vado avanti e indietro un paio di volte xché non c’è traccia delle frecce gialle. Ma alla fine trovo il buon vecchio Camino che mi fa scivolare fuori dalla città e mi introduce nei campi, i soliti, di grano ed orzo, ma con una bella luce che illumina a chiazze di chiaroscuro le lievi colline che ondulano verso est la meseta centrale e mi fa fare tante belle foto/wallpaper da tappezzare il computer per centinaia di anni.
Spiragli di Sole sul Cammino |
Campagne di Burgos |
La serata va facendosi più tiepida e serena e si pedala piuttosto bene. Mi fermo ad una fonte in mezzo al nulla, con una pompa da pozzo piuttosto vecchia, ma dà l’idea di erogare acqua potabile (leggo in seguito che si chiama Fonte di Praotorre). Mi avvicino scendendo per un sentieretto.
La fonte
ha uno spazio per il riposo dei pellegrini; c’è un muretto a gradoni
che la cinge e una panchina in muratura alla base del muretto. Infine una tettoia che ripara gli avventori
dalle intemperie.
Nella panchina, vicino alla pompa, ci sono
accatastate alcune suppellettili pellegrine, un bordon, alcune scarpe, cappe
per la pioggia ed un pezzo di nylon trasparente, assieme ad altri oggetti,
apparentemente una mescola di ricordini assimilabili a spazzatura.
Provo a pompare con la maniglia, ma non produce alcun
effetto. Ci do più forte, ma continua a non uscire nulla. A quel punto da sotto
al nylon spunta, prima, una mano, poi il resto del corpo di un uomo al quale si
aggiunge la voce: “No, no, no... No se hace asì!”, non si fa così! L’individuo
dopo avermi leggermente spaventato con la sua manifestazione, mi dice che è lì da parecchio tempo e che quando arrivò non c’erano bottiglie
per adescare l’acqua del pozzo (eh, che tempi quelli!) Sulla sinistra, infatti,
ci sono 5 o 6 bottiglie di varie misure con dentro acqua un po' torbida. Ne
apro una e verso il suo contenuto di acqua e mosche morte dentro la pompa,
aziono la maniglia e dopo un po’ esce l’acqua... Ovviamente ne faccio uscire
parecchia prima di bere.
Ringrazio e saluto il personaggio e riprendo il cammino. Penso all'individuo e mi immagino storie di clochard che vivono la loro vita da un paese all'altro percorrendo avanti e indietro, all'infinito, il Camino de Santiago. Immerso in questi fervidi pensieri, arrivo ad un bivio che mi dà l'opzione di continuare o di dirigermi verso un albergue alla sinistra del Camino. I pensieri vagabondi del momento mi fanno scegliere di lasciare il cammino ed andare al fantomatico “albergue de la izquierda”. Arrivo, così, al simpatico e sperduto Albergue de San Bol, ad un centinaio di metri dal Camino in una stradina che si intrufola nel territorio del comune di Iglesias (ma non siamo nel Sulcis).
Ringrazio e saluto il personaggio e riprendo il cammino. Penso all'individuo e mi immagino storie di clochard che vivono la loro vita da un paese all'altro percorrendo avanti e indietro, all'infinito, il Camino de Santiago. Immerso in questi fervidi pensieri, arrivo ad un bivio che mi dà l'opzione di continuare o di dirigermi verso un albergue alla sinistra del Camino. I pensieri vagabondi del momento mi fanno scegliere di lasciare il cammino ed andare al fantomatico “albergue de la izquierda”. Arrivo, così, al simpatico e sperduto Albergue de San Bol, ad un centinaio di metri dal Camino in una stradina che si intrufola nel territorio del comune di Iglesias (ma non siamo nel Sulcis).
Il posto è stupendo, in mezzo al verde, con un trogolo, una
tavolata e molti alberi nel prato/giardino che degrada in una leggera discesa
davanti alla terrazza dell’ostello. La costruzione è piuttosto strana, si
ispira ad una baita di montagna ma ha una cupola in cemento che le dà un po’
l’aria di un trullo pugliese. Dall'interno, si nota una finestrella proprio al
centro della cupola, al di sopra del tavolo da pranzo.
L’hospitalero pare una brava persona. Insiste per darmi
della paella, alla fine accetto e divoro anche gli ultimi pezzi rimasti di
queso manchego, un formaggio identico al pecorino sardo, che accompagno con un
pezzo di pane (pagherò 5€ per dormire e ne aggiungerò un paio di “mancetta” per
cena e colazione).
Mi faccio la doccia, lavo e stendo un paio di cose nella corda in fondo
al prato e vado a dormire. Di notte tolgono completamente la corrente, quindi non
si possono caricare cellulari o fotocamere. L’hospitalero se ne va, dicendo
che l’ultimo ad uscire avrebbe dovuto portare le chiavi all’unico negozio di
Hontanas, il paese successivo, lungo il cammino. Una volta a letto c'è una certa tranquillità, che dura poco, un ragazzo e una ragazza (svedese e moldava) iniziano parlarsi (in inglese) ridendo come dei disperati, nessuno gli dice nulla... Io mi addormento lo stesso.
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