El Camino de Santiago Parte Nona
Vai all'Ottava Parte Vai alla Decima Parte
El Camino de Santiago Parte Nona
20 giugno 2010, giorno dell'arrivo a Santiago
Finalmente una mattina piuttosto calda. Mancano una 94ina di km alla meta e si parte di buon'ora, un po' dopo le 7. Facciamo colazione in un baretto davanti all'albergue e partiamo. Prendiamo la strada che conduce al lago ed iniziamo il Camino per due ponti diversi. Io quello dei pellegrini in partenza, un ponte un po' approssimativo, e Mario quello dei pellegrini in arrivo, quello carrabile che abbiamo percorso ieri. Il Camino è un enorme prato con intramezzi boscosi di eucalipti conifere di vario tipo, querce e castagni. Un continuo saliscendi per colline che anche se dolci, non piacciono molto al buon fratello, un po' stremato già in partenza. Ogni tanto gli do qualche spintarella (ero combattuto se dirlo o no, ma per dovere di cronaca non posso omettere). Sorpassiamo un simpatico cimitero con loculi persino sul muro di cinta che dà sulla strada, non posso fare a meno di fotografarlo.
Facciamo una seconda colazione in un centro alberghiero fatto da bungalow che ha un po' la fisionomia di quelle strutture edificate per vederne la resistenza alle esplosioni nucleari, ma qui non ci sono manichini e non abbiamo notato boati e spostamenti d’aria né, tantomeno, personaggi che tirano coriandoli (…). Il complesso è poco prima di Palas de Rei, prendo latte e caffè con palmera di cioccolato, potrei quasi non pranzare più perché mangio anche mezza di quella di mio fratello. Vado al bagno (!) e ricominciamo a pedalare.
Passiamo per Melide, cittadina nel centro geografico della Galizia, con un
simpatico mercato e molta vita.
Proseguiamo sempre con i soliti saliscendi in una campagna perfetta. In un punto passiamo dentro alla copertina di Atom Earth Mother, le mucche pezzate che incontriamo devono aver studiato l'album dei Pink Floyd nei minimi dettagli per riprodurre così fedelmente la sua essenza.
Incontriamo un ciclista di Madrid che avevo visto la prima volta un
po' dopo Sahagun. Si ricordava di me, anzi mi saluta lui per primo e mi dice:
“Ah, es tu hermano él, ¿no?” ... O qualcosa del genere. Come nei migliori gironi dell'inferno
dantesco, dopo averlo sorpassato di gran lena nell'incontro precedente, per
contrappasso ci sorpassa senza troppa fatica e non lo vediamo più.
Ci fermiamo a mangiare, direi ad Arzua... Sì, Arzua. Un'insalata molto corposa. La temperatura, nel frattempo ha raggiunto i livelli massimi dall'inizio del Camino. Comunque il caldo non infastidisce ancora. Ci saranno 26/27 gradi e non troppa umidità. Il cielo è sereno.
I chilometri, tuttavia, tendono a non diminuire molto velocemente. Gli ultimi 30 chilometri di pedalate sono stati davvero lunghi. Ci fermiamo 2 volte per vedere i due tempi di Italia – N. Zelanda (0-0). Io soprattutto approfitto per dissetarmi e scrivere il diario di viaggio (questo solo nel II tempo) e Mario, tifando Italia, fa qualche chiacchiera con un ometto biondo, quasi bianco, di Baile Atha Cliath.
Partiamo e “lente, lente” arriviamo al ceppo dei “dieci km da Santiago”. Passiamo l'aeroporto ed il percorso inizia a prendere un aspetto, in qualche modo, suburbano. Iniziamo a salire per uno sterratone che ci introdurrà nell'ambiente del monte del Gozo, ultimo strappo prima della discesa per Santiago. Ci sorpassano le guardie pellegrine in moto salutandoci e poco dopo altre due con un fuoristrada.
Mario è un po' alla frutta... Gli fa male il sedere per il sellino, è stanco e
parla un po' a strappi. Ripete più volte che “dovranno finire, prima o poi le
salite”, indica in alto ed aggiunge: “Non c'è più monte!”... Ma le salite
continuano ed ogni tanto lo spingo. Piccolo appunto: non vorrei far credere di
voler fare il pazzesco, effettivamente io sono piuttosto allenato, ma ho anche
un rapporto corto nella bicicletta che mi permette di spingere facendo poca
fatica e sopratutto ho un sellino con forma di culo rovesciato che non mi ha
fatto mai avere alcun dolorino per tutto il viaggio!
Ci fermiamo a chiedere qualche indicazione ad un vecchietto dal forte accento galiziano, ma è un po' impreciso, soprattutto ci fa perdere tempo con discorsi un po' inutili.
All'alto del Gozo ci arriviamo attorno alle 8. Facciamo qualche foto e
guardiamo Santiago dall'alto. Non si vedono le guglie della cattedrale come
dicono, ma l'arrivo è vicino. Però oltre alla gioia del raggiungimento della
meta c'è anche la tristezza della fine del viaggio; penso e ripenso che darei
chissà cosa per essere catapultato nel porta-pacchi del TGV Parigi – Bayonne,
assieme alla mia bici impacchettata ed agli zaini col casco appeso.
Parliamo un po' con un circa 45enne con cui avevamo già parlato un po' nelle ultime salite. E' di Madrid e viene dal Camino del Norte. Ha fatto il primo pezzo a piedi ma dopo un po' ha comprato una bici (anche abbastanza bella) ed ha proseguito con quella.
Mentre guardiamo dall'alto la nostra meta, Elena chiama un po' risentita perché non siamo ancora giù! Mi dice che mi sono perso un bell'ambiente alle 6 di sera, nelle vie di Santiago.
In una 20na di minuti arriviamo alla Puerta del Camino. Entrando all'Obradoiro faccio un video con la macchina fotografica. Vedo la Cattedrale, il mio (nostro) Camino è finito.
Intanto scorgo le sagome di moglie e suocero che si sbracciano in lontananza con facce sorridenti.
Il resto della storia la racconterò con calma in seguito. Ora mi aspetta una
bella passeggiata al Monte del Pilar, a Madrid.
Finalmente una mattina piuttosto calda. Mancano una 94ina di km alla meta e si parte di buon'ora, un po' dopo le 7. Facciamo colazione in un baretto davanti all'albergue e partiamo. Prendiamo la strada che conduce al lago ed iniziamo il Camino per due ponti diversi. Io quello dei pellegrini in partenza, un ponte un po' approssimativo, e Mario quello dei pellegrini in arrivo, quello carrabile che abbiamo percorso ieri. Il Camino è un enorme prato con intramezzi boscosi di eucalipti conifere di vario tipo, querce e castagni. Un continuo saliscendi per colline che anche se dolci, non piacciono molto al buon fratello, un po' stremato già in partenza. Ogni tanto gli do qualche spintarella (ero combattuto se dirlo o no, ma per dovere di cronaca non posso omettere). Sorpassiamo un simpatico cimitero con loculi persino sul muro di cinta che dà sulla strada, non posso fare a meno di fotografarlo.
Facciamo una seconda colazione in un centro alberghiero fatto da bungalow che ha un po' la fisionomia di quelle strutture edificate per vederne la resistenza alle esplosioni nucleari, ma qui non ci sono manichini e non abbiamo notato boati e spostamenti d’aria né, tantomeno, personaggi che tirano coriandoli (…). Il complesso è poco prima di Palas de Rei, prendo latte e caffè con palmera di cioccolato, potrei quasi non pranzare più perché mangio anche mezza di quella di mio fratello. Vado al bagno (!) e ricominciamo a pedalare.
Casa di campagna avvicinandosi a Melide |
Proseguiamo sempre con i soliti saliscendi in una campagna perfetta. In un punto passiamo dentro alla copertina di Atom Earth Mother, le mucche pezzate che incontriamo devono aver studiato l'album dei Pink Floyd nei minimi dettagli per riprodurre così fedelmente la sua essenza.
Vacche |
Ci fermiamo a mangiare, direi ad Arzua... Sì, Arzua. Un'insalata molto corposa. La temperatura, nel frattempo ha raggiunto i livelli massimi dall'inizio del Camino. Comunque il caldo non infastidisce ancora. Ci saranno 26/27 gradi e non troppa umidità. Il cielo è sereno.
I chilometri, tuttavia, tendono a non diminuire molto velocemente. Gli ultimi 30 chilometri di pedalate sono stati davvero lunghi. Ci fermiamo 2 volte per vedere i due tempi di Italia – N. Zelanda (0-0). Io soprattutto approfitto per dissetarmi e scrivere il diario di viaggio (questo solo nel II tempo) e Mario, tifando Italia, fa qualche chiacchiera con un ometto biondo, quasi bianco, di Baile Atha Cliath.
Partiamo e “lente, lente” arriviamo al ceppo dei “dieci km da Santiago”. Passiamo l'aeroporto ed il percorso inizia a prendere un aspetto, in qualche modo, suburbano. Iniziamo a salire per uno sterratone che ci introdurrà nell'ambiente del monte del Gozo, ultimo strappo prima della discesa per Santiago. Ci sorpassano le guardie pellegrine in moto salutandoci e poco dopo altre due con un fuoristrada.
Avvicinandoci a Santiago |
Ci fermiamo a chiedere qualche indicazione ad un vecchietto dal forte accento galiziano, ma è un po' impreciso, soprattutto ci fa perdere tempo con discorsi un po' inutili.
Alto del Gozo |
Parliamo un po' con un circa 45enne con cui avevamo già parlato un po' nelle ultime salite. E' di Madrid e viene dal Camino del Norte. Ha fatto il primo pezzo a piedi ma dopo un po' ha comprato una bici (anche abbastanza bella) ed ha proseguito con quella.
Mentre guardiamo dall'alto la nostra meta, Elena chiama un po' risentita perché non siamo ancora giù! Mi dice che mi sono perso un bell'ambiente alle 6 di sera, nelle vie di Santiago.
In una 20na di minuti arriviamo alla Puerta del Camino. Entrando all'Obradoiro faccio un video con la macchina fotografica. Vedo la Cattedrale, il mio (nostro) Camino è finito.
Intanto scorgo le sagome di moglie e suocero che si sbracciano in lontananza con facce sorridenti.
Arrivo alla Piazza dell'Obradoiro - Santiago de Compostela |
Riprendo a scrivere. È il 25/06/10, sono con Elena e Marta
nella Piscinetta di Pozuelo. Eravamo arrivati all’arrivo a Santiago, la sera
del 20/06/10.
Facciamo qualche giretto per la piazza e qualche foto commemorativa. Poi Elena ci svela dove alloggeremo. Un appartamento/albergo, ma senza cucina, al lato dell'Obradoiro, con, giusto, tre camere. Il pellegrino minore, Mario, si lava mentre io Elena e Jesus facciamo qualche passo per la città. A me viene freddo, essendo ormai sera e non essendomi ancora cambiato. Torniamo e mi lavo. Mangiamo davanti a “casa” e anche se cerchiamo di pagare io e Mario, paga tutto Jesus, giustamente felice di avere due familiari pellegrini al tavolo, ma un po' triste per non avere il resto della sua famiglia con sé e di non poter stare per più tempo in quel di Galizia. Dopo mangiato facciamo ancora un giretto, però Elena non mi ha potato proprio tutto quello di cui avrei avuto bisogno, mi viene un freddo porco e torniamo indietro. Finisce così l'ultimo giorno di pellegrinaggio, ma non è ancora l’ultimo da pellegrino, devo ancora farmi dare la Compostela.
Facciamo qualche giretto per la piazza e qualche foto commemorativa. Poi Elena ci svela dove alloggeremo. Un appartamento/albergo, ma senza cucina, al lato dell'Obradoiro, con, giusto, tre camere. Il pellegrino minore, Mario, si lava mentre io Elena e Jesus facciamo qualche passo per la città. A me viene freddo, essendo ormai sera e non essendomi ancora cambiato. Torniamo e mi lavo. Mangiamo davanti a “casa” e anche se cerchiamo di pagare io e Mario, paga tutto Jesus, giustamente felice di avere due familiari pellegrini al tavolo, ma un po' triste per non avere il resto della sua famiglia con sé e di non poter stare per più tempo in quel di Galizia. Dopo mangiato facciamo ancora un giretto, però Elena non mi ha potato proprio tutto quello di cui avrei avuto bisogno, mi viene un freddo porco e torniamo indietro. Finisce così l'ultimo giorno di pellegrinaggio, ma non è ancora l’ultimo da pellegrino, devo ancora farmi dare la Compostela.
(Continua nei prossimi giorni)
0 Comments:
Posta un commento
<< Home