Alla ricerca del tempo
Ricordo al liceo quando per la prima volta abbiamo letto il brano della Madeleine contenuto nel romanzo di Proust "Alla ricerca del tempo perduto".
..Ero giovincello e i ricordi della mia vita legati ad odori, profumi, immagini e a molti altri fatti accidentali anche non ben definiti, erano ancora tutte cose molto vicine al mio presente e la mia interpretazione e le idee che mi feci sul romanzo erano sicuramente parziali.
Ma la sensazione di ciò che era "passato", era gia' la stessa che ho adesso.
C'è una certa impalpabile sofferenza in noi nel tornare indietro nel tempo e ricordare la nostra vita passata, sia che si vada a scavare nel ricordo dei momenti peggiori, sia che l'immagine che ci arriva in testa possa appartenere ad uno dei migliori momenti della nostra vita.
Perchè?
La risposta più diretta che posso dare è che la nostra mente soffre per la morte del tempo, del tempo che fu.
Ogni ricordo, sotto la forma di una scarica elettrica contenuta nei dedali del nostro cervello, non è altro che la cicatrice di un momento preciso della nostra vita, un briciolo di quello che è stato, registrato per sempre in qualche antro sperduto della nostra memoria.
La sofferenza arriva quando non abbiamo piu' il riscontro diretto del mondo richiamato dal ricordo, allora la nebbia ci avvolge, il ricordo si bagna di malinconia e il pensiero ci racchiude in noi stessi in un improbabile ritorno al passato alla ricerca di appigli tramite i quali riportare alla mente qualche sensazione.
Però quando è una Madeleine, o il profumo delle rose, o una melodia che ci ravviva la memoria, il ricordo non dovrà rincorrersi nel passato ma parte della sensazione di qualche attimo ci è riportata direttamente da uno dei 5 sensi. Allora avremo la sensazione che in qualche modo, qualcosa di quel tempo ci sia ancora, ben viva nel mondo e la nostra mente non soffrirà del vuoto attorno al ricordo e anzi, potrà goderene ancora una volta.
"..E subito, meccanicamente, oppresso da quella giornata uggiosa[..]mi portai alle labbra un cucchiaino di tè nel quale avevo lasciato che si ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le biciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi sua causa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della ivta, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell'amore, colmandomi di un'essenza preziosa: o meglio, quell'essenza non era dentro di me, io ero quell'essenza[..]Da dove era potuta giungermi quella gioia così potente?[..]
Giungerà mai alla superficie della mia coscienza lucida quel ricordo, quell'istante remoto che l'attrazione di un identico istante è venuta da così lontano a scuotere, sollecitare e sollevare nel mio io più profondo?[..]
E tutt'a un tratto il ricordo è apparso davanti a me. Il sapore era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Lèonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè e tiglio"
(Marcel Proust)
Oggi il profumo della primavera e una foschia che permeava la vista su Genova dal Righi, sono stati la mia Madeleine, ma ho la certezza che il ricordo che sta venendo a galla, non sia di qualcosa di successo realmente, ma sia la memoria di qualche pensiero sul mio futuro, avuto in passato...