Qualcosa, in qualche momento.

Per tutti quelli che, fermandosi a contemplare il tramonto per quei cinque minuti da quando il sole inizia a toccare l'acqua a quando scompare completamente, sono riusciti, anche solo che per un attimo, a sentire il ribollire del mare all'orizzonte.
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Località: Genova, Genova, Italy

martedì 22 dicembre 2009

Alimentazione


Vorrei segnalare un fatto che reputo molto importante, soprattutto in un'epoca come questa in cui siamo bersaglio continuo di frodi alimentari di ogni tipo, malgrado le lotte che si fanno da molti anni per la trasparenza sulla genuinità e la provenienza degli alimenti.
A parte ricordare che carne, latte e derivati dovrebbero essere utilizzati veramente di rado nelle nostre diete per vari motivi che non sto ad elencare, ma che su internet sono facilissimi da trovare, vorrei mettere in evidenza una "piccola", se vogliamo definirla così, goccia, nel mare delle alterazioni alimentari; parliamo del caffè decaffeinato.
Non tutti sanno quali siano le metodologie per togliere la caffeina dal caffè.
Bene, la più naturale consiste nel lavarlo. Ossia, vengono immersi i chicchi nell'acqua calda, in modo da cederle la caffeina e tutti gli altri elementi solubili di cui sono composti (un po' come fare un espresso). Successivamente l'acqua viene filtrata attraverso dei carboni attivi che tratterranno solamente l'elemento ossidante ossia la caffeina. Infine l'acqua verrà fatta riassorbire dai chicchi di caffè, quindi all’interno del chicco sarà tutto come prima, ma senza più caffeina.
Questo è il metodo naturale e non dannoso per la salute.
Ci sono perlomeno altri due metodi per ottenere caffè decaffeinato. Il primo dei due consiste nell’aumentare l'umidità nei chicchi verdi e mantenerli in un'atmosfera di anidride carbonica che lentamente assorbe la caffeina. Il secondo è un metodo simile ma al posto dell'anidride carbonica vengono usati solventi come il diclorometano (Per saperne di più). Successivamente per depurarli da detti solventi, i chicchi vengono lavati con vapore.
Gli ultimi due metodi possono considerarsi "chimici", ma mentre il primo utilizza l'anidride carbonica, che si trova anche nell'aria che respiriamo e comunque è facile da eliminare dal caffè, il secondo è potenzialmente pericoloso per la salute perché i lavaggi non assicurano la totale asportazione del solvente.
Tuttavia nei pacchetti del caffè non viene scritto con quale tecnica venga tolta la caffeina, se non raramente ed in modo non specificatamente regolato.
Alla fine, quindi, non sappiamo se per evitare malattie cardiache, andiamo incontro a qualche malattia altrettanto grave, oppure la fortuna ci ha fatto comprare il pacchetto giusto!

Cerchiamo di sensibilizzare su questo argomento e diffondiamo più che possiamo!

La richiesta è:
SCRIVETE SUL PACCHETTO DEL CAFFÈ IL METODO CON CUI AVETE ESTRATTO LA CAFFEINA!

Luca

sabato 12 dicembre 2009

Un'ora e mezza di vita (in itinere)

Questo giornale puntiglioso e frequente della mia vita riprenderà a parlare di un tema già trattato in precedenza.
Forte del fatto che ormai penso di essere il solo lettore di queste righe, utilizzerò il mezzo per pubblicare una fiction su qualche atto giudiziario oppure un televoto su quello che pensa la gente dei processi in corso. Penso sia doveroso dopo la sentenza emanata ieri dal CDA della RAI sull'argomento, che vieta alle trasmissioni del gruppo di mettere in onda ricostruzioni o opinioni su quello che sono, fondamentalmente, le vicende giudiziarie che riguardano il Primo Impiegato dello Stato (Berlusconi n.d.r.)
Malgrado lo scopo sia quello, credo anche che questa sentenza possa avere un risvolto positivo per quello che riguarda "Porta a Porta", finalmente non dovrebbero più vedersi quelle macabre e schifosissime ricostruzioni di scene del delitto che negli ultimi anni hanno fatto nauseare parecchie persone.

Tuttavia in questa sede non si voleva parlare di questi fatti, ma, come al solito, di cose molto più intime e personali, ossia la strada che ogni giorno percorro da casa a lavoro.
Ovviamente tutti hanno un proprio percorso. Io so di condividere il mio, più o meno, con la maggior parte di quelli che conosco e che abitano nelle mie zone. Un percorso che malgrado la routine giornaliera ed il mesto scopo principale che è quello di passare otto ore o più a sudarsi le 'palanche', può anche essere vissuto come un momento nobile della nostra giornata. Vorrei riportare al post Ma come fanno i Marinai, dove già avevo descritto la stessa situazione in terra di Spagna.

Bene, ore 6,20/6,30 sveglia e colazione, poi, da alcuni mesi, faccio un po' di ginnastica in preparazione al fantomatico Camino de Santiago (che chissà se riuscirò a fare la prossima Primavera/Estate): un quarto d'ora d'attività fisica, che forse non serve a nulla, tranne che a svegliarmi un po'.
Le opzioni sono macchina o scooter. Ma con la macchina l'unica differenza è l'autostrada, che ha poco da raccontare.
Scooter: se alla fine riesce a partire (cosa non scontatissima, data la batteria dotata di uno spiccato talento nello scaricarsi) si sale in sella e senza minimo sforzo si inizia a scivolare in giù per la Valpolcevera. Tutto sommato devo fare qualche salto tra andata e ritorno, difatti mentre all'andata la discesa ha tonalità tristi e grigie, il ritorno impialliccia la vallata di un'aurea di bellezza estrema. A parte la differenza di approccio che ha il ritorno a casa rispetto all'andata a lavoro, credo che la prospettiva che si ha nella salita, anche leggera, rispetto alla discesa, lasci tutto meno precario. Credo che il senso della vista ed anche gli organi sensoriali dell'equilibrio, abbiano una maggiore stabilità quando il cammino non si sfila sotto di te ma si incunea. Inoltre, nel mio caso, almeno nei periodi in cui tornando c'è ancora un po' di chiaro, passando Bolzaneto sembra di essere catapultati in un altro mondo, molto più bucolico e reale di quello lasciato indietro.
Ma torniamo alla discesa, Bolzaneto, dicevamo, poi Trasta (prendo la strada del lato destro del torrente; via Romairone, Corso Perrone..) Fegino. Comincia ad aprirsi la vista quando arrivi a Campi, con le nuove installazioni: Ikea, Decathlon, Castorama. Quando si arriva allo stradone nuovo che poi sfocia nel ponte di Cornigliano, inizi ad annusare il mare ed il cielo. E' il primo momento in tutto il tragitto in cui gli spazi si dilatano, non vedi il mare direttamente, ma stormi di gabbiani, sempre affamati ed agitati creano un ambiente marino e spaziale e si smorza un po' quel senso di perdita di libertà che hai quando lasci il tuo letto comodo per andare a lavorare (scomodo).
Spesso al semaforo in fondo alla strada mi fermo a contemplare quei gabbiani. Guardandoli ho sempre pensato che Bach, nel racconto del gabbiano Jonathan Livingstone, si sbagliasse nei riguardi del loro modo di volare. Certo, i falchi sono altra cosa, ma se vi fissate su un gabbiano vedrete che il loro volo ha qualcosa di nobile, non veloce, ma di certo studiato e dinamicamente perfetto per il tipo d'ala che si ritrovano. Quasi mai si vedono sbattere le ali per più di un paio di secondi ed il più piccolo soffio d'aria gli è sufficiente per recuperare 10, 20 metri d'altezza senza il minimo sforzo: li osservo e li invidio fortemente!
Via Pacinotti, Fiumara, Lungomare Canepa: industria e commercio, quasi come per tutto il resto del tragitto. In fondo a Sampierdarena (od all'inizio, per i 'genovesi') inizia la Sopraelevata (o finisce, per i 'genovesi').
Diciamo, per chi ha letto il post citato in precedenza, che la Sopraelevata è un po' l'analogo dell'unione di calle Alcalà, e della Gran Via, non per stile, né per sensazioni, ma per quel sottile filo che unisce le parti più emozionali delle città del mondo, una specie di file Power Point mentale che abbraccia ciò che più ti mette all'interno di una situazione. La sopraelevata ti spinge dentro Genova, sfiorandola, proprio come il volo di un gabbiano. Ed in moto, soprattutto, come un gabbiano in volo radente al levarsi del sole, plano nello sfilare dei palazzi cinquecento/novecenteschi, Wtc, Matitone, Palazzo del Principe, Commenda, Palazzo reale, Porta dei Vacca, San Giorgio... Poi manca il vento, scendo e sono in porto, ma proseguendo sulla sopraelevata si arriverebbe alla zona delle Mura della Marina, forse la più bella e sicuramente il quartiere più antico e variopinto del centro città.
Comunque, dicevo, io scendo prima, passo il mercato del pesce ed entro in porto dal Varco delle Grazie e sono catapultato in un altro mondo. Genova è proprio così: alcuni comparti stagni che racchiudono mondi distantissimi tra loro.
Il porto ha vita propria. Appena entri spesso hai la sensazione di essere nello Zambia ed iniziano a sfilarti davanti camioncini di quarant'anni con il cassone pieno di extracomunitari appesi come negli autocarri che percorrono le savane africane. Un altro mondo, dicevo, forse sconosciuto alla stragrande maggioranza dei leghisti della prima e dell'ultima ora.
Poi i bacini di carenaggio, l'odore del porto, il fumo e le fiamme che saldano le navi. Fortunatamente lì abbiamo solo la sede, poi mi cambio e vado altrove.

Il ritorno ha risvolti diversi a seconda della stagione della situazione meteo, di quello che devo fare una volta arrivato a casa, ma lasciare Genova ai suoi problemi è per me un sollievo enorme. Tuttavia, spesso, arrivato a casa, salendo sul terrazzetto vedo ancora qualche stormetto di gabbiani che sorvola senza fretta la confluenza dei due fiumi alla ricerca di qualche bocconcino per cena. Quindi lascerei questa pagina con una frase che il vecchio gabbiano Ciang dice al simpatico Jonathan Livingstone:


"Il paradiso non è mica un luogo. Non si trova nello spazio e neanche nel tempo. Il paradiso è essere perfetti. Tu sei uno che vola velocissimo, vero? Raggiungerai il paradiso, allora, quando avrai raggiunto la velocità perfetta. Il che non significa 1.000 miglia all'ora, né 1.000.000 miglia, e neanche vuol dire volare alla velocità della luce. Perché qualsiasi numero, vedi, è un limite, mentre la perfezione non ha limiti. Velocità perfetta, figlio mio, vuol dire solo esserci, esser là".